Sistemi satellitari "Dual Use"

Le recenti di chiarazioni di parte russa legate alla possibilità di considerare legittimi obiettivi militari i sistemi satellitari “Dual Use” impiegati in teatri di guerra (nello specifico, nello scenario ucraino) fanno sorgere una serie di domande interessanti.

Come @Nino suggeriva nel topic Conflitto in Ucraina e sue ripercussioni sullo spazio - n°506 da Nino , quali sono, se ci sono, i limiti che dividono il ruolo “militare” da quello “civile”?

Quali possono essere, se si ritengono opportune, le regole internazionali in tal senso?

E quali le possibilità di difendersi da parte di chi questi satelliti li lancia e li opera?

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Infatti, è una questione centrale e, anche sforzandosi di pensarla nel modo più pragmatico possibile, non è facile. ho pensato a due esempi:

  • una fabbrica di armi è considerabile un obiettivo militare (perchè le armi servono per l’esercito e non sono un bene di prima necessità per la popolazione)

  • un silos di grano non è un obiettivi militare (perchè per quanto sia indispensabili per l’esercito è un bene di prima necessità per la popolazione)

Il punto sembrerebbe proprio questo: la connessione alla rete è un bene di prima necessità per la popolazione? benvenuti nell’era digitale.

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Avendo lavorato per anni in un’azienda (e nello stesso corridoio) che fornisce infrastrutture militari all’esercito tedesco e gliele gestisce anche durante la fase operativa, per me è chiaro che in caso di guerra non c’è nessuna separazione.

Un satellite di telecomunicazioni usato da un corpo militare per le telecomunicazioni dell’esercito (per esempio per guidare i droni che bombardano le città nemiche, o per le comunicazioni tra i militari sul campo e la loro base, etc.) diventa ovviamente un obiettivo militare da parte del nemico, anche se è stato costruito e gestito da un privato. Così come diventerebbe obiettivo militare anche il centro di controllo, pur essendo gli operatori tutti dei civili che lavorano per aziende private.

Per questo non ci vedo niente di strano nella dichiarazione a proposito di Starlink, come non ci vedrei niente di strano se minacciassero i satelliti di telecomunicazioni francesi, inglesi o tedeschi (in caso di conflitto), anche se sono tutti costuriti, lanciati e gestiti da Airbus…

@marcozambi mi hai anticipato, spostami pure :slight_smile:

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Concordo con @Buzz : in guerra qualsiasi infrastruttura diventa un potenziale obiettivo, incluse e soprattutto quelle di telecomunicazione, dato che non sono selettive rispetto al tipo di comunicazione che ci fai.
Lo stesso era per cavi della rete telefonica qualche decennio addietro, o le centrali elettriche e di trasformazione oggi…

Questo detto, non credo che regolamenti internazionalmente riconosciuti in tempo di pace possano essere strumenti efficaci in caso di guerra, purtroppo. Per eserciti che non si fanno problemi a sparare su palazzine civili, colpire satelliti evidentemente usati anche per supporto ad attività militari è un non-problema. :confused:

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Avendo un’esperienza simile a @Buzz io posso solo dire la stessa cosa, non è possibile separare nettamente la “parte militare” dalla “parte civile” di un satellite “dual use” (che sia di comunicazione oppure osservazione oppure altro).

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quando ho letto quella notizia ho pensato per esempio al (Navstar) GPS, sviluppato dichiaratamente prima per scopi militari e poi impiegato per scopi civili al punto che come ricorderete una volta si usava la “selective availability”. Anche se in quel caso è più facile usare tecniche di jamming per ridurne la capacità. Ma credo che anche con Starlink sia più facile operare così che pretendere di abbatterne centinaia, scatenando tra l’altro quella sindrome di Kessler che metterebbe a rischio TUTTI i satelliti in orbita, anche quelli Russi o Cinesi (che non ne sarebbero molto felici…). Uno dei “trucchi” tipico di SpaceX è proprio quello: la ridondanza.

p.s. Quando scoppiò la Prima Guerra del Golfo mi trovavo in Antartide, alla Base di Baia Terranova (ora Mario Zucchelli). Ricordo che di colpo la precisione delle coordinate si ridusse al punto che divenne inutilizzabile per delle misure doppler che stavamo facendo nella base ancora in costruzione.

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ad occhio direi che ci sono (almeno) 3 tipi di “asset” nello spazio di grande rilevanza militare

  • Satelliti per telecomunicazioni
  • Satelliti per telerilevamento, specie nell’IR e nell’ottico e ad alta risoluzione
  • Satelliti per Global Positioning System

Per esempio HST non fa parte di queste 3 categorie e direi che andrebbe escluso. Ho dimenticato qualcosa?

Si hai dimenticato i satelliti SAR ( Synthetic Aperture Radar)…

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In realtà le tre categorie che hai definito, in ambito operativo, sono designate come segue:

  • Telecomunicazioni
  • Osservazione della Terra
  • Navigazione
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Secondo me state semplificando un po’ troppo l’ambito del dual use che ha delle sue regole estremamente (eccessivamente?) complesse per l’attuazione. Non basta che qualcosa possa avere applicazione in ambito militare e civile per essere dual use. Una penna BIC non è sottoposta alla disciplina.
Questo detto credo che l’accezione larga qui usata sia quella corretta per il problema Starlink da cui è partito il thread ma a mio parere va tutto relegato a chiacchiere e propaganda. Sapete tutti benissimo le conseguenza del distruggere un satellite in orbita e gli effetti collaterali indesiderati che finirebbero per danneggiare anche chi attaccasse, soprattutto puntando a mettere in difficoltà una rete estremamente ridondata come quella di Starlink. Oltretutto non so nemmeno se numericamente sia affrontabile con gli ASAT disponibili.

Penso che la discussione sia più sul effettivo utilizzo di un sistema progettato per il civile che in realtà porta un vantaggio in situazione di guerra.
La discussione della normativa sul export control penso sia fuori dalla discussione. Comunque i satelliti di navigazione (e molto probabilmente anche starlink ma non ho notizie) sono controllati per l’esportazione.

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Marco ha citato il mio post originario. In effetti in quel post pensavo al dual use in senso stretto, cioè alle regole che vietano l’esportazione di tecnologie utilizzabli sia per usi civili sia militari. Da una lettura veloce delle specifiche UE, per esempio, forse non sarebbe possibile vendere antenne Starlink alla Russia. E in quel senso parlavo di regolamentazioni.

La discussione è però ora sul tema che dici tu, @Ritberger. Va bene così.

Un caso da citare, perche’ importante e in qualche modo collegato al tema e’ Arpanet nato militare e’ diventato poi Internet.

Ma purtroppo invece è così.

Per rispondere a @Nino , pensa che basta che una persona nata negli USA lavori ad un progetto spaziale (qualunque esso sia), perché gli USA possano secondo la loro legge imporre la regolamentazione ITAR per l’export control miltare a tutto quel progetto. Cosa che per esempio vieta ad una qualunque azienda europea di avere ingegneri con il passaporto Americano in un qualunque progetto di collaborazione con la Cina, anche se si tratta di un rapporto puramente commerciale tra due enti privati (o con la Russia, che però in questo 2022 è anche vietato dalle sanzioni europee).

Nota bene: parlo di una persona nata negli USA, che magari può essere cresciuta ed aver studiato in Europa, e che quindi di fatto non esporta nessun know-how americano.

Altra cosa che automaticamente impone la regolamentazione ITAR è la presenza di hardware USA a bordo del satellite. Nel momento in cui c’è qualcosa di americano in un sistema spaziale, allora va tutto automaticamente sotto ITAR.

E ovviamente le leggi per l’export control europee fanno qualcosa di molto simile.

Ovvero: ogni cosa spaziale è automaticamente considerata strategica e quindi ricade sotto la regolamentazione militare.

Nota finale mia: questa è la legge, e la capisco anche… come minimo due dei tre i servizi in LEO dei che ha citato @archipeppe qui sopra, vengono regolarmente venduti ai governi per scopi di sicurezza e militari. Ogni azienda che fa Earth Observation o Telecommunications vende regolarmente i propri servizi (dallo stesso satellite e dallo stesso centro di controllo) sia ad aziende private che ai governi e ai militari. Sono servizi strategici, e quindi vengono trattati con leggi militari.

Non parlo troppo di Navigation perché non ci ho mai lavorato, ma comunque tutti sappiamo che anche tutti i sistemi di Navigazione sono considerati strategici (l’unica differenza è che ad oggi non esiste nessuna azienda privata che venda con contratti commerciali un servizio di navigazione).

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Credo non ci stiamo capendo. Quello che ho scritto è che un bene non è “dual use”, con le virgolette per indicare la dicitura specifica, solo per il fatto di poter essere usato in entrambi gli ambiti. Quello è potenzialmente dual use (senza virgolette). Perchè un bene sia “dual use” con le virgolette e sia sottoposto alle norme specifiche per quanto riguarda l’export legale è necessario un processo di documentazione e certificazione che è quello estremamente complesso che indicavo nel mio primo post e che come dicevi in riferimento a ITAR comprende tra le sue dipendenze anche le persone. La classificazione di un prodotto come “DU” è molto figlia degli accordi internazionali e dei relativi pesi tra nazioni, più che dalla tecnologia in sé e può essere (viene) utilizzata come leva politica per limitare gli ambiti commerciali di una nazione.
Ripeto: una cosa è “X può avere un uso duale” e “X è classificato DU per l’export (verso una specifica destinazione)”.
C’è una grossa fetta di software ad esempio che si muove a cavallo tra questi due ambiti e tra l’altro l’analisi di questa problematica oltre ai temi legali e burocratici pone problemi etici interessanti da sviluppare.

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Capisco la sottigliezza, sicuramente corretta, ma se limitiamo la nostra analisi agli utilizzi pratici in tempo di conflitto, penso possiamo dire che Starlink non e’ forse dual use de jure, ma lo e’ chiaramente de facto.

Il servizio che offre e’ senza dubbio un a risorsa militare , il che, imvvho, lo rende da un lato un’asset molto rilevante per l’Ucraina, e allo stesso tempo un obiettivo legittimo per i russi.

Ma supponiamo che a livello internazionale si stabilisca una forma di accordo (un trattato, un protocollo, chiamiamolo come volete) che stabilisca che una costellazione X non possa essere usata per servizi di telecomunicazioni da parte delel forze armate.

  • come si implementerebbe di fatto questa limitazione, senza una qualche forma di deep inspection dei contenuti scambiati (sorvoliamo sull’aspetto privacy ovviamente)?
  • chi sarebbe il “controllore”?
  • in caso di violazioni, chi e come farebbe rispettare le regole e sanzionerebbe i trasgressori?

Magari sono considerazioni superficiali le mie, ma dato una tecnologia di telecomunicazione agnostica come Internet (per quanto diffusa via satellite), o un semplice cavo dati, o radiofrequenza, imporre limitazioni di uso e di tipo di dati scambiati e’ secondo me fondamentalmente impossibile.

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E’ anche impossibile attaccare e disattivare per via militare Starlink, a meno di non voler rendere del tutto impraticabile l’orbita bassa per qualunque satellite, amico o nemico.

Mi sembra un discorso molto teorico, in pratica le reti satellitari ci sono e sono verosmilmente gestite in base ad accordi non divulgati tra gli operatori e i rispettivi governi. Ed eliminarle non e’ semplice come far saltare un ponte. Soprattutto Starlink che e’ leggerissimamente ridondato.

Solo chi li opera puo’ imporre limiti. Non e’ un caso che il governo USA abbia fatto molte pressioni per non utilizzare hardware cinese per le reti 4G.

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Concordo, e credo che i russi lo sappiano benissmo soprattutto visto cosa il loro scellerato test distruttivo su un solo satellite ha causato in termini di detriti. A meno che non ritengano che azzoppare anche se’ stessi nell’accesso all’orbita sia un prezzo accettabile. Naturalmente dipende dal contesto.

Nello specifico l’obiettivo piu’ sensato sarebbero le ground stations, che sono relativamente poche e statiche. Un bersagio perfetto per missili da crociera, soprattutto se :radioactive:

Ma mi fermo qui perche’ sto scivolando off topic.

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Pero’ sono in paesi Nato, non in Ucraina. Questo solleva altri problemini.

Mettere in rete il mondo non e’ un passaggio banale per la sovranita’ degli stati. E semplicemente non c’e’ una autorita’ sovranazionale per imporre regole. O meglio sulle misure per controllare traffico, evitare collisioni e gestire le orbite magari ci sara’ collaborazione e quindi norme comuni (sono ottimista).

Giusto, c’e’ anche l’ Outer Space Treaty. Ma non so quanto applicabile alle telecomunicazioni.